
“Babello” – Novello – Intervista a Gabriele Pappalardo
Da un’idea curiosa per un mockumentary alla proposta di un evento reale. Potere del PDFF! E di chi, partecipando al Festival, ci mette del suo con proposte e progetti. Il Collettivo PAN, per esempio, che con il suo corto “Babello”, protagonista al Festival 2022, ha dato al borgo di Novello qualche spunto per il futuro. Guglielmo Basili, Norma Rosso e Gabriele Pappalardo sono le tre menti creative all’opera dietro il Collettivo, di cui abbiamo scoperto qualcosa in più proprio grazie a quattro chiacchiere con Gabriele.
Pasta alla Norma: il Collettivo Pan nasce da qui, vero?
“Sì, il nome era stato scelto un po’ a caso e un po’ di corsa perché con Norma e Guglielmo, le altre due persone che fanno parte del Collettivo Pan, ci conosciamo da una decina d’anni e non avevamo mai lavorato insieme in modo professionale. Poi abbiamo capito che era una questione seria questo nome, così lo abbiamo fatto diventare un Collettivo e Pasta alla norma è diventata la sigla di questo collettivo: PAN”
Dunque il PDFF è stata la vostra prima prova seria! Da che mondi arrivate?
“Io ho studiato al DAMS, ho una formazione cinematografica e, come autore, mi sono occupato prevalentemente di documentari e cinema del reale. Guglielmo ha studiato intermediazione culturale e Norma giurisprudenza, ma si sono poi approcciati alla narrazione con il teatro, i racconti e un passaggio con il giornalismo per Norma. Insomma, lavoriamo tutti nel mondo delle storie e quindi ci interessano questi temi, però il collettivo è nato espressamente con l’idea di andare a Novello a realizzare un falso documentario. Diciamo che prima di tutto era una scusa per avere del tempo da trascorrere insieme e fare qualcosa”
Una vacanza creativa insomma!
“Sì, abbiamo finalizzato il tempo insieme per fare qualcosa ed è stato divertente, anche se ci siamo rilassati poco!”
Adesso scopriremo perché: entriamo nei dettagli di “Babello”. Come vi è venuta l’idea? Ci avevate ragionato già prima?
“C’è stata una differenza rispetto agli altri team forse: noi ci siamo detti un sacco di tempo prima «dobbiamo andare a Novello, quindi dobbiamo prepararci e dobbiamo avere la storia prima, perché non possiamo andare lì senza ». Poi per una serie di contingenze che puoi immaginare – tipo il lavoro – siamo arrivati lì che non avevamo niente, o meglio quattro idee in testa ma non quella finale. Abbiamo quindi fatto quello che sappiamo fare meglio: siamo andati a bere un po’ di birre e un po’ di pastis, abbiamo conosciuto un po’ di persone e quindi stando in mezzo alla comunità l’idea ha preso forma. Tra l’altro ci sono un sacco di ragazzi giovani che stanno iniziando a fare cose interessanti a Novello, anche tra gli amministratori ci sono dei giovani e noi ci siamo sentiti molto accolti e partecipi”
E avete scoperto una cosa…
“Sì, abbiamo scoperto una caratteristica, cioè che a Novello vivono un sacco di persone che vengono da altre parti del mondo, ma proprio da ogni angolo: ci sono danesi, ma anche americani, e si sono trasferiti lì dove vivono una gran parte del dell’anno. Non si tratta di turismo gentrificato, ma di persone che hanno preso pezzi di terra e passano del tempo lì perché gli piace stare a Novello. Si sono anche integrati nella comunità, fanno cose e sono attivi”
Ed ecco l’idea del festival “Babello”!
“Esatto. L’altro elemento che ha fatto sì che creassimo Babello era Collisioni, festival nato a Novello, che quindi aveva un po’ questo retaggio, anche se poi è diventato più grande, ma lì lo ricordano come un grande momento di collettività per la comunità, per fare cose insieme, anche importanti. Ci siamo detti: perché non proviamo a immaginare che Novello sia una sorta di “Babello”, cioè che avvenga una magia come la torre di Babele, per cui non si sa come mai, ma tutti si capiscono? Il corto cerca di raccontare questa situazione con un finto giornalista che accompagna alla scoperta dello strano fenomeno”
C’è una parte di finzione che voi raccontate come se “Babello” fosse un vero festival, che però non esiste!
“Ci piaceva questa idea, anche un po’ hipster, di raccontare un festival assurdo, anche attraverso le persone che abbiamo conosciuto. Abbiamo cercato di comporre le parti, e allora ci siamo messi a raccontare che cos’è questo festival e come avviene questa magia”
Avete addirittura stampato le magliette!
“Eh sì, abbiamo fatto il progetto grafico e poi le abbiamo stampate ad Alba e siamo tornati! Erano anche un modo per ringraziare le persone che avevano “recitato” con noi, volevamo lasciare un ricordo anche ai bambini”
E poi in un festival che dice «Facciamo tutto senza sottotitoli», voi avete usato i sottotitoli! Ironico, no?
“Ci siamo divertiti a farlo, e poi c’è stata anche la fase di scrittura dei testi insieme alle persone che abbiamo incontrato: i testi non a caso sono calati sulle loro storie. Non c’è stata un’imposizione dall’alto ed è venuto tutto un po’ così, spontaneo, mentre conoscevamo le persone. «Ah, tu fai il ristoratore, sei americano? Ma perché non ci fai questo pezzo?» Non so come mai accade questa magia, ma quando beviamo in effetti ci capiamo tutti! Questa storia va molto forte nei territori delle Langhe e del Monferrato, dove c’è una propensione, diciamo, alla bevuta!”
La convivialità è parte essenziale del PDFF: visto che avete vissuto e lavorato in una comunità, ci sono stati momenti da ricordare?
“Ci siamo dovuti un po’ integrare, anche se le persone che abbiamo incrociato erano estremamente accoglienti. E poi ecco, forse non presentarci direttamente con la camera e i testi scritti, ma prima di tutto come persone davanti a un bicchiere di vino ha sicuramente fatto la sua. Non ci aspettavamo tutto questo entusiasmo, partecipazione e disponibilità: eravamo un po’ la novità, si faceva qualcosa di condiviso. La cosa bella è che a Novello sta prendendo spazio una sorta di centro culturale, Novelab, dove si può lavorare e dove noi siamo stati in quei giorni. Tra i nuovi spazi hanno anche un teatrino e la loro idea è quella di fare un festival e chiamarlo… Babello!”
Dai, ma è bellissimo!
“Abbiamo fatto una cosa insieme alla comunità e non l’abbiamo calata dall’alto esclusivamente per il cortometraggio, questo è stato molto bello, sì”
Siamo curiosi di conoscere i momenti esilaranti del vostro lavoro
“A parte i bambini che non volevano girare le scene?! Beh, al secondo/terzo giorno, mentre stavamo imbastendo la struttura, non avevamo ancora iniziato a girare e non eravamo così convinti di ciò che sarebbe potuto uscire. Ci mancavano anche alcuni elementi, alcune persone le abbiamo conosciute strada facendo, per cui ci siamo chiesti se questa roba funzionasse. A un certo punto avevamo una sorta di scaletta, abbiamo costruito la storia in un modo e poi ci siamo accorti che servivano altre cose, dunque abbiamo aggiunto elementi… insomma, i tempi sono davvero strettissimi, quindi o arrivi già lì con un’idea e inizi a fare le riprese subito, oppure costruire in corsa il tutto non è semplice. Però ecco, abbiamo poi messo insieme il nostro lavoro: una cosa breve, senza superare i 10 minuti, e ci eravamo anche un po’ affezionati alla fine, per questo siamo rimasti un po’ delusi dal risultato del concorso”
Però “Babello” esisterà dalla seconda puntata in avanti, è una bella soddisfazione no?
“Sì, ci sono stati apprezzamenti anche dalle altre squadre partecipanti, anche se con gli altri poi non ci siamo conosciuti molto. Ci siamo rivisti anche con le persone di Novello!
Visto che tu lavori anche su documentario, ci racconti quali sono i tratti che distinguono il mockumentary?
“Quando lavoro sul documentario normalmente io mi metto un po’ più di regole e paletti, in senso anche etico e morale, per cui se ti racconto una cosa le persone devono essere trattate in un certo modo e via dicendo. Qui invece l’approccio di base, pur essendo lo stesso, ha previsto molta più libertà, abbiamo davvero potuto spaziare dove volevamo cercando di tenere la linea generale e lasciando un po’ di gioco alle persone incontrate. Il lavoro del documentario è opposto in genere: ho più libertà io e le persone sono più strette nella loro realtà, qui invece c’è stata un po’ più di libertà per loro. È stato divertente!”
Insomma, non avete documentato il vero ma siete stati immersi nella verità di questo paese, e qualcosa vi ha restituito
“Indubbiamente la verità può avere tante sfumature anche se, come qui, si basa su un elemento che è irreale. Però forse a Novello accade davvero che le persone che vivono insieme si comprendano. Ecco: magari non capiscono la lingua, però vivono insieme, fanno delle cose e sono una comunità, per cui l’idea funziona. Forse è proprio questo il cuore del documentario. Un po’ di verità siamo riusciti a infilarla”
È un tratto che ha contraddistinto tutti i lavori del 2022
“Ce ne siamo accorti vedendo gli altri documentari, il mockumentary è stato utilizzato come strumento ironico per raccontare qualcosa che di fatto è così, è bello quando un genere che è a volte anche abusato per far ridere dà questi risultati piacevoli”
Il proposito di vacanza rilassante e creativa è stato raggiunto? E soprattutto, lo rifareste?
Mi piacerebbe, Norma e Guglielmo stanno già pressando! Quest’anno, se lo rifaremo, bisognerà però portare delle soddisfazioni alle persone: arrivi lì, le fai lavorare e poi non li fai vincere? Eh no, se lo rifacciamo, lo rifacciamo per vincere, alla faccia del partecipare per lo sport! E poi la cosa bella è stata ritagliarsi dieci giorni per stare insieme, creare una bolla in cui quasi non sentire la mamma né le fidanzate: eravamo spariti in questo paesino ed è stato molto bello!”