“Il diluvio universale” – Murazzano – Intervista a Simone Rosset

E se a Murazzano fosse arrivato “Il diluvio universale”? Ebbene, è successo davvero! È accaduto durante il PDFF 2023 grazie alle Falene, la troupe composta da Simone Rosset, Davide Oddone, Luca Martone. Non potevamo farci scappare l’occasione di chiacchierare con Simone alla scoperta dei dettagli, ma soprattutto di alcuni succosi retroscena del mockumentary!

Partiamo dalle Falene, ce le presenti?

“Certo! Ho messo insieme la troupe pensando a vari aspetti, quindi c’è Luca, che è un musicista, perché mi sembrava interessante avere qualcuno che componesse una colonna sonora durante la settimana del Festival, c’è Davide, che è un operatore specializzato con il quale avevo già fatto altri lavori, e che ho chiamato apposta, e poi ci sono io che faccio il filmaker, sono regista di vari progetti e lavoro anche in teatro”.

Com’è andata al PDFF 2023?

“A livello di collaborazione, la cittadinanza e le persone che abbiamo coinvolto sono state straordinarie, disponibili e propositive, grazie a questo aspetto siamo risusciti a realizzare anche cose che pensavamo sarebbero state difficili. Per esempio, il Parco Safari delle Langhe ci ha permesso di accedere durante i giorni di chiusura, oppure il gruppo di cacciatori-vichinghi di Murazzano, che ci ha permesso di partecipare a una battuta di caccia. Devo dire che anche le stranezze e peculiarità che abbiamo trovato sono state oltre le aspettative: Murazzano è un paesino piccolo ma abbiamo trovato vari elementi che erano al di là di quello che potevo pensare”.

Come è nato “Il diluvio universale”?

“Avevo fatto una telefonata con il sindaco per chiedergli, visto che non conoscevo il territorio, quali fossero le cose che a lui sembravano peculiari. Aveva menzionato diversi elementi tra cui il fatto che ci fosse la giunta dei ragazzi il fatto che ci fosse lo zoo safari, i cacciatori invece sono arrivati dopo. L’idea era quella di creare un fil rouge che tenesse insieme questi elementi diversi, e mi piaceva anche come metodo perché si partiva da cose non del tutto scelte, andando avanti in modo anche un po’ surrealista. Per esempio trovare un ponte che legasse la giunta dei ragazzi ai bisonti del safari. E poi è successo che ha piovuto: i primi due giorni ha piovuto ininterrottamente”.

E così?

“Beh anche questo è entrato a far parte dell’idea. E quindi con gli animali e la pioggia mi è venuto in mente il discorso dell’Arca di Noè. Abbiamo quindi cercato di costruire una sorta di racconto che teneste insieme questi elementi. Tenendo però presente che come stile a me sarebbe piaciuto che fosse evocativo, perché c’erano delle cose interessanti visivamente, oppure il coinvolgimento dei ragazzini, un’altra cosa inaspettata e che ha portato tanto”.

Ci sono stati momenti in cui avete pensato “abbiamo sbagliato tutto”, dobbiamo partire da capo?

“C’è stato un problema inaspettato nonché un gran bastone tra le ruote. Davide infatti ha spaccato la macchina: eravamo andati a vedere una location neanche tanto vicina a Murazzano, abbiamo fatto un po’ di chilometri e… si è rotta la macchina. Siamo rimasti bloccati in un vallone dove non prendeva il telefono, non riuscivamo a comunicare né a muoverci. Quindi Davide è andato a piedi lungo il vallone fin dove prendeva il telefono, ed è riuscito ad avvisare l’organizzazione che poi è venuta a prenderci. Sicuramente questo è stato un momento down”.

C’è stato però anche qualcosa di divertente, dai!

“Il momento che mi ha divertito di più forse è stato quello con i vichinghi, è stato veramente interessante. Perché loro hanno fatto davvero una battuta di caccia, solo che io per inserirla nel film gli ho detto di fare esattamente come avrebbero fatto, ma al posto di dire cinghiale avrebbero dovuto sostituite la parola con ippopotamo! Quindi c’era questo gruppo reale di cacciatori che stava veramente facendo una battuta di caccia e si mandava messaggi con le ricetrasmittenti su un ippopotami, correndo. Io non avevo mai partecipato a una battuta di caccia, come troupe ci siamo sparpagliati un po’ perseguire i vari punti caldi, ma è stato molto coinvolgente”.

Ci racconti di qualche personaggio particolare che ha connotato il vostro lavoro?

“Innanzitutto il sindaco, è stato gentilissimo e bravissimo. Poi sicuramente le persone del safari sono state fantastiche, e ancora tutte le famiglie che hanno portato i figli a costruire una specie di Arca di legno e cellophane. Abbiamo coinvolto anche il gruppo di ricercatori coi cani, ed è persino venuta l’ambulanza. Sono stati tantissimi!”

Ti eri mai cimentato con il mockumentary?

Col mockumentary no, ma a me piace fare delle cose che mischiano documentario e cinema d’animazione e in almeno due progetti mi è capitato non tanto di creare un mockumentary ma di partire dalla realtà e inserire un elemento scritto, come l’esempio dell’ippopotamo e della caccia che facevo prima, lasciando poi accadere, senza un copione chiuso. Per esempio, avevo fatto un progetto in un museo di Scienze Naturali che aveva una parte un documentario, per cui avevo filmato un tassidermista che lavorava, e poi avevo chiesto a dei musicisti di fare delle improvvisazioni dentro il museo, in mezzo agli animali. Poi a partire dalle musiche e al colore che avevano dato, avevo costruito la storia del film,. Mi piace unire un elemento, una scintilla di partenza che può essere inventata e poi lasciare che le cose prendano una piega inaspettata. Devo dire che anche nel caso di “Il diluvio universale” abbiamo fatto così”.

Il suono ha un ruolo particolare?

“A me piace molto, quando parlavo di evocativo mi riferivo anche a questo: mi piace lavorare su immagine, suono, costruire qualcosa che abbia un senso ma non sia troppo legata a una drammaturgia stretta”.

Consiglieresti l’esperienza del PDFF a un giovane creativo?

“Sì, la consiglierei. È molto faticoso eh! Questo va messo in conto, è veramente è una roba faticosa, devi proprio aver voglia di far una cosa per te! Però può essere anche un insegnamento, perché avendo così poco tempo ti mette alla prova. Personalmente, mi divertono queste esperienze, perché mi di base mi piace fare cose un po’ avventurose, dove non si sa esattamente cosa accadrà. Questo è un aspetto sicuramente divertente, mi piace ma è molto faticoso!

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