“Il tesoro del colonnello” – Monforte d’Alba – Intervista ad Alex Banzi

La storia degli Orsi Marsicani continua al PDFF: già protagonisti dell’edizione 2020 con il loro “La fetta del diavolo”, vincitore del premio distribuzione, i tre studenti della scuola Cinematografica Florestano Vancini di Ferrara (Alex Banzi, Francesco Meatta, Marco Sansoni) nel 2022 sono tornati al festival più falso che c’è con “Il tesoro del colonnello”. Abbiamo avuto l’opportunità di chiacchierare con Alex per scoprire di più sul loro lavoro. 

Partiamo da un breve recap: eravate studenti di cinema e vi eravate lanciati nell’impresa del PDFF, e si vede che l’impresa in qualche modo vi ha solleticato, per cui siete tornati!

“Esatto! E visto che ci avevano contattato dallo staff per chiederci se eravamo intenzionati a tornare al PDFF, ci siamo detti «Dai, testiamo di nuovo le nostre capacità con due anni in più di esperienza»”.

E così eccovi a Monforte, dove avete trovato un tesoro… anzi forse lo hanno trovato gli abitanti di Monforte!

“Esatto, è stato interessante perché proprio facendo un po’ di sopralluoghi e parlando con le persone abbiamo scoperto l’esistenza di un personaggio interessante e importante, il colonnello Martina, che era una figura di rilievo: ha fatto la campagna d’Italia ed è stato un personaggio storico che ha poi effettivamente lasciato molto alla comunità di Monforte, per esempio le terre e i vigneti che lui possedeva sono ancora quelli, gestiti oggi dal Comune. Quindi abbiamo deciso di creare la storia intorno a questa suggestione”. 

Quando siete arrivati a Monforte avevate già un’idea?

“Diciamo che volevamo fare come era accaduto due anni fa, ovvero volevamo farci ispirare proprio dal posto, dalla comunità e dalle persone. Questa volta però, prima, abbiamo fatto una call con la direttrice del Museo dentro il quale abbiamo ambientato il nostro corto. È stata lei a raccontarci che il Museo, bellissimo e molto ricco, non è però molto frequentato. Così abbiamo unito le varie idee anche per fare un po’ di pubblicità al Museo e alla storia del posto”.

Raccontaci quindi come è stato l’incontro con la comunità di Monforte, se ci sono state delle analogie con la scorsa partecipazione

“È stato simile dal punto di vista dell’approccio: si sono resi tutti super disponibili e subito. Al contrario dell’altra volta, forse perché le persone erano già preparate, abbiamo faticato meno per trovare i personaggi, perché ci sono stati indicati dal sindaco. Sindaco peraltro simpaticissimo molto disponibile: per esempio per la scena della Vespa con sindaco e vicesindaco sopra che, secondo noi, è riuscita davvero molto carina. Erano tutti ruoli veri: il falegname, che ha girato con noi tre giorni, era il falegname per davvero, e la ferramenta anche. La cosa bella è quella: alla fine le storie si nascondono dentro le persone, non c’è bisogno di inventarsi chissà cosa, basta cercare bene e qualcosa lo trovi. Questo documentario lo abbiamo costruito sulle persone vere”.

Alla fine, quindi, un documentario falso ma costruito con persone vere: è un bel modo di approcciare i paesi, forse perché non eravate più disorientati come la prima volta al PDFF e avete fatto un po’ di ricerca

“Cerchiamo sempre di tirare fuori il meglio che ci possa offrire questo luogo, con le sue persone”. 

Sappiamo anche che gli scorsi anni ci sono stati momenti esilaranti e gag improvvisate: ci racconti i momenti top dell’edizione 2022 per gli Orsi marsicani? 

“Ah, allora, intanto la scena della Vespa. La Vespa era di un amico del sindaco e del vicesindaco. All’inizio volevamo girare la scena con una macchina d’epoca, tipo una 500, poi è uscito fuori che forse ci sarebbe stata una Vespa, ma forse era dal meccanico… Insomma c’era questa incertezza, per cui non si sapeva benissimo cosa avremmo potuto usare e se si sarebbero presentati in Vespa o in auto, ed eravamo pronti per girare entrambe le cose… Alla fine sono arrivati in Vespa e siamo stati contenti per questa spontaneità che fa sempre sorridere”.

Perché forse si divertono le persone stesse, ancora prima di voi…

“Il fatto è che durante il periodo del Festival ci sono un sacco di turisti stranieri, e pochi di Monforte. Infatti avevamo paura di non trovare nessuno se non turisti, e avevamo saputo che il vicesindaco era appena tornato da un viaggio in moto con i suoi amici, stessa cosa per il falegname, tornato da pochissimo. Insomma, nonostante tutto siamo stati davvero fortunati!”

Vuoi la fretta, vuoi il caos… ci sono stati momenti complessi in cui vi siete detti Ma chi ce l’ha fatto fare?

“Ovviamente il montaggio finale! È un lavoro a cui abbiamo dato senso di giorno in giorno: magari facevamo delle scene e giravamo cose che non ci convincevano, per cui dovevamo trovare un modo per venirne fuori, quindi davvero un lavoro fatto giorno per giorno. Fatto sta che abbiamo montato il tutto l’ultima notte, praticamente mettevamo il girato sul programma e selezionavamo quello che funzionava e quello che no, creando il senso di tutto quello che avevamo fatto. Avevamo una linea guida in testa di quello che volevamo far succedere nel corto, ma il grosso del lavoro si è svolto l’ultima notte, fino all’alba! Al mattino quando ci hanno bussato in stanza per chiederci il montato lo avevamo appena finito!”

Vi capita anche in altre occasioni di lavorare così?

“Dipende dal contesto della storia: la cosa bella del PDFF è che si lavora sul posto, magari documentandosi molto sul luogo. Perr esempio la prima volta che abbiamo partecipato non sapevamo con anticipo il luogo al quale saremmo stati assegnati, invece nel 2022 lo abbiamo saputo prima ma abbiamo voluto mantenere la stessa filosofia che aveva contraddistinto il nostro lavoro al Festival, e quindi scoprire la maggior parte delle cose quando siamo arrivati sul posto, e costruire così una storia in una settimana partendo praticamente da zero: un’impresa! Magari ci siamo tirati anche un po’ la zappa sui piedi da soli, nel senso che abbiamo dormito poco, però alla fine secondo me è la cosa divertente è proprio quella!”

C’è forse uno sfondo poetico che accomuna tutti i lavori del 2022, il vostro incluso, con il suo tesoro. Insomma, cerca di qua, scava di là, il tesoro non è così scontato. E poi c’è questo aspetto simpatico del doppio fake: la lettera del Colonnello nel vostro corto forse non è proprio ciò che sembra! 

“Esatto, si scoprirà che è un’idea della direttrice del museo per far andare gente a visitare il posto, ma anche per trovare un po’ il senso di comunità. E appunto il vero tesoro è il senso di appartenenza e di comunità. Quando la direttrice ci ha letto un passaggio dagli scritti del colonnello sul vero tesoro, che si trova quando qualcuno è impegnato a fare le cose che gli piace fare, ci siamo detti che avremmo potuto sfruttare questo spunto”

Cosa c’è nel futuro degli Orsi marsicani? 

“Ognuno di noi ha realizzato un corto personale per la prova della nostra scuola di cinema, e due sono stati selezionati da una casa di distribuzione, per cui i corti stanno girando. Oltre a questo, abbiamo messo su una piccola casa di produzione con cui cerchiamo di fare un po’ quello che ci piace” 

Il PDFF vi ha acceso la creatività!

“È tutto allenamento per noi, anche nel contesto sempre giocoso e ironico. E poi veniamo trattati benissimo tra cibo e vino, si mangia a volontà, e sul bere… beh, lo dicono i luoghi stessi!”.

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