La fetta del diavolo, intervista ad Alex Banzi, Orsi Marsicani

Se un legame tra Pdff e territorio ci deve essere, La fetta del diavolo ha colto nel segno: il cortometraggio vincitore del premio distribuzione al PDFF 2020 mette insieme Murazzano (CN) e uno dei suoi prodotti più rappresentativi, la “tuma”. La storia che si nasconde dietro questo formaggio è raccontata da Alex Banzi, Francesco Meatta, Marco Sansoni, alias gli Orsi Marsicani, di chiacchiera in chiacchiera con gli abitanti del paese hanno infatti scoperto il segreto della “tuma”…

Alex, presentaci gli Orsi Marsicani: da dove arriva questo nome? 

Non mi ricordo bene come è venuto fuori, è stata una casualità, era una battuta di uno di noi e abbiamo deciso di tenerla come nome. Siamo tre studenti della scuola Cinematografica Florestano Vancini di Ferrara, studiamo tutti e tre regia. L’anno scorso eravamo al primo anno e un nostro docente che aveva partecipato anni prima al PDFF ci aveva consigliato di provare. Abbiamo detto subito: ovvio, ci stiamo! Ci interessava il format del festival, andare in un posto e inventarsi una storia, era una sfida. 

Quindi siete partiti senza ben sapere cosa aspettarvi?

Abbiamo chiesto informazioni al nostro docente, ma quel che volevamo era proprio metterci in gioco. Non ci eravamo fatti nemmeno un’idea dei paesi coinvolti: ci siamo detti “andiamo, quello che ci capita, ci capita!”. 

E vi è capitato Murazzano: come è andata?

Quando siamo arrivati ci siamo attaccati alla figura del sindaco, è stato simpaticissimo e disponibile, ha fatto anche lui da attore. Meglio di così non poteva capitarci: abbiamo instaurato un rapporto di amicizia bellissimo anche con gli abitanti del paese in una sola settimana, è stato così bello che vorrei tornarci anche da turista.

Come avete tirato fuori l’idea narrativa per La fetta del diavolo

Il primo giorno abbiamo fatto un po’ di indagini, abbiamo intercettato le varie storielle che giravano in paese, anche perché volevamo basarci su qualcosa di vero. C’era questa legenda di Giovannino e il diavolo che saltava fuori continuamente, l’abbiamo sentita da varie persone. Ci siamo detti che potevamo provare a fare qualcosa di legato alla tradizione del posto, come il formaggio di Murazzano e poi da lì ci siamo divertiti a raccontare. 

C’è stato qualche dietro le quinte divertente? Il cortometraggio inizia con una signora che racconta la storia di Giovannino…

Lei era carichissima! Ci ha raccontato che da giovane aveva fatto l’attrice ed era ben disposta a recitare per noi. Tra l’altro lei conosceva una versione della leggenda, per esigenze narrative noi l’abbiamo modificata e abbiamo dovuto insegnargliela, lei è stata al gioco! Veramente eccezionale. Un altro aneddoto riguarda l’attore che fa la parte del becchino, in realtà è il tabaccaio, l’unico al quale non abbiamo dato la sua parte originale, come invece tutti gli altri. Lui aveva le chiavi delle pompe funebri di fronte, così lo abbiamo invitato a vestirsi da becchino. Quando l’hanno visto vestito così il farmacista è uscito a fargli le foto, si prendevano in giro tra loro!

Avete usato un sacco di dialetto

Sì, e ci siamo dovuti fidare di quel che ci dicevano! Poi in realtà Valentina, la produttrice di formaggi, ci ha fatto da interprete e con lei abbiamo realizzato i sottotitoli

In perfetto stile documentario insomma. 

Io sono di Ferrara e sono molto legato al dialetto, è una cosa che volevo mettere anche nel mockumentary, dava quel tocco di autenticità. Paradossalmente le persone in dialetto si esprimono meglio, sono più sciolte, erano loro stesse a chiederci se potevano parlare in dialetto. 

Ci sono state particolari difficoltà? 

Costruire una storia che avesse senso e non fosse solo un montaggio è stata la sfida più impegnativa, ci sono poi state tante altre riprese che abbiamo escluso perché non utili alla narrazione. Il sabato, l’ultimo giorno, lo abbiamo passato interamente a montare: ci stavamo per urlare addosso, non ce la facevamo più. Ma alla fine lo abbiamo portato a casa!

E vi siete portati a casa anche il premio distribuzione!

Siamo stati molto felici, non ce lo aspettavamo anche se la sera della premiazione ci eravamo convinti che magari un premio del pubblico lo avremmo ottenuto. Non ci aspettavamo questo premio, soprattutto per noi che siamo registi emergenti: far circolare il nostro corto è una bella cosa!

A proposito, dove è stato La fetta del diavolo?

È stato selezionato al Cuneo Film Festival e fatto vedere in streaming, ovviamente perché non si poteva fare altrimenti. Ma la cosa nella è che è andato a un festival di cinema indipendente sudamericano, il BAFICI, Buenos Aires International Festival of Independent Cinema. 

Ve lo sareste mai immaginati?

Non lo so! È stato veramente un gran colpo: spero che il corto sia arrivato anche lì e che sia piaciuto, vorrebbe dire che abbiamo fatto un prodotto che, per quanto molto legato al territorio e molto nostro, può essere esportato all’estero, il che è una gran cosa.

Riassumendo questa esperienza: cosa vi ha lasciato il PDFF?

A parte dei sacchetti pieni di formaggio di cui ci hanno rifornito c’è stata l’umanità dietro alle persone che si sono messe in gioco. Murazzano era al PDFF per la prima volta: era un’esperienza nuova anche per loro e abbiamo scoperto il festival insieme. Forse è per questo che il corto è riuscito così, abbiamo unito le forze per realizzarlo. 

Consiglieresti di partecipare al PDFF a un giovane creativo? 

Assolutamente! Intanto come sfida, è un mettersi in gioco in cui capisci veramente le tue capacità, ti rendi conto se è quello che vuoi fare, se è la strada giusta. E poi è un modo per divertirsi: noi ci siamo divertiti tantissimo anche se abbiamo lavorato tutti i giorni. Ma alla fine quando andavi a letto eri felice, perché se fai quello che ti piace, anche se lo fai per tutto il giorno non ti pesa! 

Social Share

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

×